Storia archivistica
Anche se già dall’aprile del 1816 [1] il Governo austriaco aveva disposto che gli archivi dei comuni fossero tenuti presso il Cancelliere censuario, solo nel 1817 il comune di Erbusco depositava nella Cancelleria censuaria di Adro tutte le “carte riguardanti l’interesse e la sostanza del comune”, accompagnate da un elenco che le descriveva[2]. L’archivio formatosi presso il commissario distrettuale, riconsegnato – anche se non interamente – all’amministrazione di Erbusco dopo la cessazione della sua attività di controllo è oggi descritto separatamente da quello del comune.
Non sono molte le notizie che si sono potute rinvenire circa opere di riordinamento dell’archivio comunale nel corso della seconda metà dell’Ottocento, anche se la menzione di un intervento compiuto nell’anno 1860 e costato 155 lire si trova in un prospetto delle uscite nella serie Beni comunali[3]. Tre decenni dopo, in una relazione alla visita ispettiva effettuata dal sottoprefetto agli uffici comunali nell’aprile 1893, si legge del cattivo stato in cui versa l’archivio e delle cattive abitudini degli amministratori nella tenuta delle carte.
«Codesto archivio comunale per il disordine col quale è tenuto ha bisogno assoluto di radicali riforme. Infatti le carte trovansi ammonticchiate senza ordine alcuno, cosicché si trovano atti di data antichissima, che dovrebbero aver posto nell’archivio di deposito, e le pratiche trovansi sciolte foglio per foglio senza norma né di tempo, né di materia, attalché poter rintracciare un atto qualsiasi, anche dei più recenti, occorre perdere nelle ricerche un tempo grandissimo, oppure affidarsi alla memoria di questo segretario comunale o dello scrivano, sistema questo evidentemente vieto ed in opposizione ai principi più elementari di amministrazione. Ciò è tanto più condannabile perché il locale si presterebbe ad un ordinamento d’ufficio regolarissimo, avendo stanze, scaffali, cartelle e tutto il necessario sì per l’archivio corrente che per quello di deposito e deve piuttosto attribuirsi alla negligenza di codesto ufficio di segreteria[4]».
Molto più tardi, negli anni tra il 1949 e il 1951, incalzato dalla Soprintendenza archivistica a trasmettere l’inventario degli atti d’archivio, il comune ne giustifica la mancata compilazione con l’assenza del segretario comunale, di recente scomparso. Solo nel febbraio 1951 trasmetterà “L’inventario dell’archivio di deposito”, in realtà non un inventario ma un elenco che dà conto per ogni categoria del numero dei faldoni e delle date estreme degli atti, così che sappiamo che a quella data la consistenza dell’archivio era di 724 faldoni degli anni 1860–1950 e 19 pergamene degli anni 1209–1508[5]. Della necessità di por mano al riordino e all’inventariazione dell’archivio si trova notizia nel carteggio intercorso pochi anno dopo, nel 1954, ancora tra il comune e la Soprintendenza archivistica di Milano, che chiede ripetutamente informazioni su consistenza, antichità e stato di conservazione delle carte. Vi si legge che a quell’epoca l’archivio, il cui documento più antico veniva questa volta fatto risalire al 1480, constava di circa 200 faldoni e 30 registri[6].
Nel 1970, il Consiglio comunale di Erbusco “ravvisata la necessità e l’urgenza di provvedere per la sistemazione e il riordino dell’archivio comunale il quale trovasi attualmente in una situazione addirittura disastrosa per il disordine e lo stato di abbandono con assoluta mancanza di ogni fascicolazione e catalogazione di pratiche e documenti, talché appare difficile anzi impossibile la consultazione di pratiche e documenti”[7] delibera di conferire l’incarico all’archivista Gualtiero Doneda di Brembate Sotto (BG) il quale aveva già riordinato diversi archivi lombardi “con risultati lusinghieri”[8]. Anche questo intervento non ha apparentemente prodotto alcun mezzo di corredo. Alcuni mesi prima il comune aveva preso contatto con la ditta Salmoiraghi di Brescia per la fornitura di scaffalature metalliche da collocare in due locali a piano terreno delle sede comunale.
Contenuto
Le carte prodotte dal comune di Erbusco durante l’Antico regime, il Periodo francese e la Restaurazione, Regno d’Italia e Repubblica italiana si trovano oggi raccolte all’interno di quattrocentocinquanta buste (una pertinente alla sezione d’Antico regime, quarantadue pertinenti alla sezione Ottocentesca e centonovantanove a quella Novecentesca, oltre a duecento otto buste pertinenti alle serie particolari), per un totale di 3106 unità archivistiche, tra fascicoli, registri, volumi e unità documentarie. Il documento più antico risale al 1278, il più recente al 1969.
Per quanto riguarda la sezione di Antico regime, sono state ascritte a essa i documenti più antichi, le pergamene, una miscellanea di documenti cartacei sciolti degli anni 1510–1608 soprattutto in copia[9] e che in origine erano raccolti in filze, e un libro dell’estimo dell’anno 1799[10].
Pochi fascicoli (sette) degli anni 1812–1814 afferiscono al titolario in uso nel primo quarto del XIX secolo e più precisamente a sole tre voci: “Atti del consiglio”, “Stato civile” e “Oggetti diversi”.
La sezione 1823–1897 conta seicentoquarantasei unità archivistiche raccolte all’interno di 42 buste: si tratta del carteggio generale degli affari ordinato sulla base di ventiquattro titoli. Del contenuto di questa documentazione si da conto in sede di introduzione alle serie.
La sezione che segue 1898–1969 è costituita da centonovantanove buste contenenti il carteggio generale degli affari ordinato per categorie in base alla classificazione prevista dalla circolare del Ministero dell’Interno n. 17100/2 del 1° marzo 1897 (“Circolare Astengo”).
Gli atti di natura particolare (millecentodiciannove unità archivistiche contenute all’interno di duecento otto buste) si articolano in trentasei serie che raccolgono, appunto, i documenti particolari ancora una volta relativi ai diversi ambiti di attività dell’ente.
Ordinamento
Le carte prodotte dal comune di Erbusco durante l’Antico regime, il Periodo francese e la Restaurazione, Regno d’Italia e Repubblica italiana sono oggi ordinate all’interno di tre sezioni individuate essenzialmente su base cronologica: sezione d’Antico regime (1278–1799), sezione Ottocentesca (1812–1897) e sezione Novecentesca (1898–1969).
Per quanto riguarda la sezione di Antico regime, essa comprende atti della dominazione Viscontea e Veneta che erano stati probabilmente disposti–come in genere succedeva fino al XVIII secolo – per tipologia e che oggi, vista l’esiguità del numero rimasto, sono ordinati cronologicamente, prima le pergamene, poi gli atti sciolti originariamente legati in filza, infine i registri.
Del titolario in uso nel primo quarto del XIX secolo è stata possibile solo una parziale ricostruzione poiché si sono conservati unicamente lacerti deli titoli: “Atti del consiglio”, “Stato civile” e “Oggetti diversi”.
Interamente ricostruito, invece, il titolario formato da 24 voci utilizzato per l’ordinamento degli atti degli anni 1823–1897. Più gravosa è stata l’opera di riconoscimento (e attribuzione) dei fascicoli pertinenti al comune rispetto a quelli pertinenti al Commissario distrettuale e la riconduzione di questi ultimi alla loro corretta posizione archivistica, poiché essi erano stati erroneamente attribuiti alle singole voci del titolario del comune senza rispetto del principio di provenienza.
La sezione che segue 1898–1969 è ordinata per categorie in base alla classificazione prevista dalla circolare del Ministero dell’Interno n. 17100/2 del 1° marzo 1897 (“Circolare Astengo”); tuttavia una differenza nella tenuta delle carte ha consigliato di mantenere, all’interno di questa sezione, due sottosezioni: la prima che arriva fino al 1910 dove il fascicolo (sempre recante intitolazione originale) corrisponde alla classe, la seconda–dal 1910 in avanti–dove il fascicolo corrisponde alla categoria annuale e la sua articolazione in classi (sottofascicoli) è stata resa con l’espediente della lineetta all’interno del contenuto.
A parte, in coda al carteggio, sono state collocate le serie particolari, ordinate sulla base della loro appartenenza alle rispettive categorie secondo la successione prevista dal titolario di classificazione della circolare del Ministero dell’Interno n. 17100/2 del 1° marzo 1897 (“Circolare Astengo”), in ordine cronologico. Esse raccolgono documentazione seriale (spesso trovata sciolta), risultato dell’indicazione di conservare a parte, rispetto al carteggio degli “affari”, tutta una tipologia di documenti riassuntivi, certificativi e giustificativi, omogenei per natura e forma.
[1] Notificazione amministrativa 12 aprile 1816 (articolo 242).
[2] Archivio del commissario distrettuale di Adro (da ora ACDA), fascicolo “1820 Erbusco”, serie Beni comunali, b. 20, 5 provvisoria.
[3] Busta 15, fascicolo 1.
[4] Busta 7, fascicolo 1.
[5] Busta 225, 1.
[6] Busta 236, fascicolo 1.
[7] Delibera del Consiglio comunale 11 dicembre 1970, in b. 553.
[8] Ibidem.
[9] Si tratta di mandati, lettere, giudizi, emanati dai rappresentanti del potere veneziano nel distretto.
[10] Che per data in realtà apparterrebbe alla sezione successiva.
A cura di: STUDIO ASSOCIATO SCRINIA – Sara Cazzoli e Roberta Gallotti – 2017